Tagged: civitavecchia, Daniele Biacchessi, foto roberto agostini, golpe borghese, la storia e la memoria, nico azzi, piazza fontana, rapido 904, sant'anna di stazzema, strage di peteano di sagrado, tentata strage treno Torino Roma
Punto Zero
DANIELE BIACCHESSI MICHELE FUSIELLO
PUNTO ZERO
Testi di Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti
Live Vercelli Salone Dugentesco Festival Poesia Civile 15/11/08 (audio)
“Dobbiamo andare e non fermarci mai.”
“Per andare dove, amico?”
“Non lo so, ma dobbiamo andare”.
Voglio essere considerato un poeta jazz che suona un lungo blues in una jam session d’una domenica pomeriggio.
Come è strano essere lontani da casa quando la distanza è un intero continente e non sai neanche più dove sia la casa tua e la casa>> che ti resta è quella che hai in testa.”
Non fate periodi che separino frasi-strutture già confuse arbitrariamente da falsi punti e da timide virgole per lo più inutili, ma servitevi di un energico spacco che separi il respiro retorico (come il musicista di jazz prende fiato tra le varie sonate).
Beat è il viaggio dantesco il beat è Cristo il beat è Ivan il beat è qualunque uomo qualunque uomo che rompa il sentiero stabilito per seguire il sentiero destinato.
Un sassofonista cosa fa? Fa un bel respiro e poi soffia nel suo strumento fino a costruire una frase unica con il suo fiato. Così io separo le mie frasi come fossero respiri diversi della mente.
L’UOMO CHE CAVALCAVA LE PAROLE
Is it the voice, of the Fourth person Singular
E’ LA VOCE della 4 persona singolare
Is it the voice, within the voice of the turtle
è la voce, dentro alla voce della tartaruga
Is it the face, Behind the face of the race
è la faccia, dietro la faccia della razza
Poetry is made of night though
LA poesia è fatta di pensieri notturni
If it can tear it self away from illusion
Se può strapparsi via dall’illusione
It wil not be disowned, Before the done
non sarà ripudiata, prima dell’alba
Poetry is made by evaporating
La poesia è fatta evaporando
The liquid laughter of youth
La risata liquida della giovinezza
Poetry is a book of light at night
La poesia è un libro di luce di notte
Dispersing clouds of unknowing
che diffonde nuvole di non sapere
It hears the whisper of Elephants
sente il sussuro degli elefanti
And seas how many angels dance On the head of a pin
e guarda quanti angeli danzano sulla testa di uno spillo
And how many angels and devils dance on the head of a phallus
E quanti angeli e diavoli danzano sulla pinta di un fallo
It is a humming a keening
è un ronzio, un lamento
A laughing a sighing at dawn
una risata un singhiozzo all’alba
A wild soft laughter
e una morbida risata selvaggia
It is the final gestalt of the immagination
è la gestalt finale
Poetry should be emotion
La poesia dovrebbe essere emozione
Recollected in emotion
Ricordata ..nell’emozione
L’UOMO DAL CILINDRO A STELLE E STRISCE
Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate della mia nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa,
hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte,
che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda fluttuando sulle cime delle città contemplando jazz,
che mostravano il cervello al Cielo sotto la Elevated e vedevano angeli Maomettani illuminati barcollanti su tetti di casermette
che passavano per le università con freddi occhi radiosi allucinati di Arkansas e tragedie blakiane fra gli eruditi della guerra,
che venivano espulsi dalle accademie come pazzi & per aver pubblicato odi oscene sulle finestre del teschio,
che si accucciavano in mutande in stanze non sbarbate, bruciando denaro nella spazzatura e ascoltando il Terrore attraverso il muro,
che erano arrestati nelle loro barbe pubiche ritornando da Laredo con una cintura di marijuana per New York,
che mangiavano fuoco in alberghi vernice o bevevano trementina nella Paradise Alley, morte, o notte dopo notte si purgatoratizzavano il torso
con sogni, droghe, incubi di risveglio, alcool e uccello e sbronze a non finire,
incomparabili strade cieche di nebbia tremante e folgore mentale in balzi verso i poli di Canada & Paterson, illuminando tutto il mondo immobile del Tempo in mezzo,
solidità Peyota di corridoi, albe cimiteri alberi verdi retro cortili, sbronze di vino sopra i tetti, rioni di botteghe in gioiose corse drogate neon balenio di semafori, vibrazioni di sole e luna e alberi nei rombanti crepuscoli invernali di Brooklyn, fracasso di pattumiere e dolce regale luce della mente,
che si incatenavano ai subways in corse interminabili dal Battery al santo Bronx pieni di simpamina finché lo strepito di ruote e bambini li faceva scendere tremanti a bocca pesta e scassati stremati nella mente svuotata di fantasia nella luce desolata dello Zoo,
che affondavano tutta la notte nella luce sottomarina di Bickford fluttuavano fuori e passavano un pomeriggio di birra svanita nel desolato Fugazzi ascoltando lo spacco del destino al jukebox all’idrogeno,
che parlavano settanta ore di seguito dal parco alla stanza al bar a Bellevue al museo al ponte di Brooklyn,
schiera perduta di conversatori platonici precipiti dai
gradini d’ingresso dalle scale di sicurezza dai
davanzali dall’Empire State giù dalla luna, farfugliando strillando vomitando sussurrando fatti
e ricordi e aneddoti e sensazioni ottiche e shocks
di ospedali e carceri e guerre, intieri intelletti rigurgitati in un richiamo totale per
sette giorni e notti con occhi brillanti, carne
da Sinagoga sbattuta per terra, che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando
una scia di ambigue cartoline del Municipio di
Atlantic City, straziati da sudori Orientali e scricchiolii d’ossa
Tangerini e emicranie Cinesi nel rientro dalla steppa in una squallida stanza mobiliata di Newark, che giravano e giravano a mezzanotte tra i binari
morti chiedendosi dove andare, e andavano, senza lasciare cuori spezzati, che accendevano sigarette in carri merci carri merci
carri merci strepitanti nella neve verso fattorie
solitàrie nella notte dei nonni, che studiavano Piotino Poe Sangiovanni della Croce
telepatia e cabala del bop perché il cosmos
vibrava istintivamente ai loro piedi nel Kansas, che stavano soli per le strade dello Idaho in cerca di
visionari angeli indiani che erano visionari angeli
indiani, che credevano di essere soltanto matti quando Baltimore luccicava in un’estasi soprannaturale, che sobbalzavano in limousine col Cinese dell’ OkIaho-
ma sotto l’impulso di inverno mezzanotte luce
stradale provincia pioggia,
che indugiavano affamati e soli a Houston in cerca di jazz o sesso o minestra, e seguivano il brillante Spagnolo per chiacchierare sull’America e l’Eternità, causa persa, e cosi si imbarcavano per l’Africa,
che scomparivano nei vulcani del Messico non lasciando che l’ombra dei jeans e la lava e ceneri di poesia sparse nella Chicago caminetto,
che riapparivano sulla West Coast indagando sul f.b.i. barbuti e in calzoncini con grandi occhi pacifisti sexy nella pelle scura distribuendo volantini incomprensibili,
che si bucavano le braccia con sigarette protestando contro la nebbia di tabacco narcotico del Capitalismo,
che diffondevano manifesti Supercomunisti in Union Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene di Los Alamos li zittivano col loro grido, e gridavano giù per Wall e anche il ferry di Staten Island gridava,
che crollavano piangendo in palestre bianche nudi e tremanti davanti al macchinario di altri scheletri,
che mordevano i poliziotti nel collo e strillavano di felicità nelle camionette per non aver commesso altro delitto che la loro intossicazione e pederastia pazza tra amici,
che urlavano in ginocchio nel subway e venivano trascinati dal tetto sventolando genitali e manoscritti,
che si lasciavano inculare da motociclisti beati, e strillavano di gioia,
che si scambiavano pompini con quei serafini umani, i marinai, carezze di amore Atlantico e Caribbeo,
che scopavano la mattina la sera in giardini di rose e sull’erba di parchi pubblici e cimiteri spargendo il loro seme liberamente su chiunque venisse,
che gli veniva un singhiozzo interminabile cercando di ridacchiare ma finivano con un singhiozzo dietro un tramezzo dei Bagni Turchi quando l’angelo biondo & nudo veniva a trafiggerli con una spada,
che perdevano i loro ragazzi d’amore per le tre vecchie streghe del fato la strega guercia del dollaro eterosessuale la strega guercia che strizza l’occhio dal grembo e la strega guercia che sta li piantata sul culo a spezzare i fili d’oro intellettuali del telaio artigianale,
che copulavano estatici e insaziati con una bottiglia di birra un amante un pacchetto di sigarette una candela e cadevano dal letto, e continuavano sul pavimento e giù per il corridoio e finivano svenuti contro il muro con una visione di fica suprema e sperma eludendo l’ultima sbora della coscienza,
che addolcivano le fiche di milioni di ragazze tremanti al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina ma pronti ad addolcire la fica dell’alba, natiche lampeggianti sotto i granai e nude nel lago,
che andavano a puttane nel Colorado in miriadi di macchine notturne rubate, N.C., eroe segreto di queste poesie, mandrillo e Adone di Denver — gioia alla memoria delle sue innumerevoli scopate di ragazze in terreni abbandonati & retrocortili di ristoranti per camionisti, in poltrone traili
ballanti di vecchi cinema, su cime di montagna in caverne o con cameriere secche in strade familiari sottane solitarie alzate & solipsismi particolarmente segreti nei cessi dei distributori di benzina, & magari nei vicoli intorno a casa,
che dissolvevano in grandi cinema luridi, si spostavano in sogno, si svegliavano su una Manhattan improvvisa, e si tiravano su da incubi di cantine ubriachi di Tokay spietato e da orrori di sogni di ferro della Terza Strada & inciampavano verso l’Ufficio Assistenza,
che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di sangue su moli coperti di neve aspettando che una porta sullo East River si aprisse su una stanza piena di vapore caldo e di oppio,
che creavano grandi drammi suicidi in appartamenti a picco sullo Hudson sotto azzurri fasci antiaerei di luce lunare & le loro teste saranno incoronate di alloro nell’oblio,
che mangiavano stufato d’agnello dell’immaginazione o ingoiavano rospi nel fondo fangoso dei fiumi di Bowery,
che piangevano sulle strade romantiche coi carretti pieni di cipolle e musica scassata,
che sedevano in casse respirando al buio sotto il ponte, e si alzavano per fare clavicembali nelle loro soffitte,
che tossivano al sesto piano di Harlem incoronati di fiamme sotto il cielo tubercolare circondati da teologia in cassette da frutta,
che scarabocchiavano tutta la notte in un rock and roll su incantesimi da soffitta destinati a diventare nella mattina giallastra strofe di assurdo,
che cuocevano animali marci polmoni cuori code zampe borsht & tortillas sognando il puro reame vegetale,
che si buttavano sotto furgoni di carne in cerca di un uovo, .
che buttavano orologi dal tetto per gettare il loro voto all’Eternità fuori del Tempo, & per un decennio dopo le sveglie cadevano ogni giorno sul loro capo,
che si tagliavano i polsi tre volte di seguito senza seguito, rinunciavano ed erano costretti ad aprire negozi di antiquariato dove credevano di invecchiare e piangevano,
che venivano arsi vivi nei loro innocenti vestiti di flanella sulla Madison Avenue tra esplosioni di versi di piombo e il frastuono artificiale dei ferrei reggimenti della moda & gli strilli alla nitroglicerina dei finocchi della pubblicità & l’iprite di sinistri redattori intelligenti, o venivano investiti dai taxi ubriachi della Realtà Assoluta,
che si buttavano dal ponte di Brooklyn questo è successo davvero e se ne andavano sconosciuti e dimenticati tra la foschia spettrale di Chinatown minestra vicoli & autopompe, neanche una birra gratis,
che cantavano disperati dalle finestre, cadevano dal finestrino del subway, si buttavano nello sporco Passaic, saltavano su negri, piangevano lungo tutta la strada, ballavano scalzi su bicchieri rotti spaccavano nostalgici dischi Europei di jazz tedesco del ‘30 finivano il whisky e vomitavano rantolando nel cesso insanguinato, nelle loro orecchie gemiti e l’esplosione di colossali sirene,
che rotolavano giù per le autostrade del passato andando l’un l’altro verso l’hotrod-Golgotha di veglia solitudine-prigione o l’incarnazione del jazz di Birmingham,
che guidavano est – ovest settantadue ore per sapere se io avevo una visione o tu avevi una visione o lui aveva una visione per scoprire l’Eternità,
che andavano a Denver, che morivano a Denver, che ritornavano a Denver & aspettavano invano, che vegliavano a Denver & meditavano senza compagni a Denver e infine se ne andavano per scoprire il Tempo, & ora Denver ha nostalgia dei suoi eroi,
che cadevano in ginocchio in cattedrali senza speranze pregando per l’un l’altro salvezza e luce e seni, finché l’anima si illuminava i capelli per un attimo,
che si sfondavano il cervello in prigione aspettando criminali impossibili dalla testa bionda e il fascino della realtà nei loro cuori che cantavano dolci blues a Alcatraz,
che si ritiravano in Messico per conservarsi alla droga, o a Rocky Mount per il tenero Buddha o a Tangeri a ragazzini o alla Southern Pacific per la locomotiva nera o a Harvard o a Narciso o a Woodlawn alle orge o la fossa,
che chiedevano prove di infermità mentale accusando la radio di ipnotismo & venivano lasciati con la loro pazzia & le loro mani &. una giuria incerta,
che al ccny buttavano patate in insalata ai conferenzieri sul Dadaismo e poi si presentavano sui gradini di pietra del manicomio con teste rapate e discorsi arlecchineschi di suicidio, chiedendo un’immediata lobotomia,
e invece venivano sottoposti al vuoto concreto o insulina metrasol elettricità idroterapia psicoterapia terapia educativa ping pong e amnesia,
che in malinconica protesta rovesciavano un unico simbolico tavolo da ping pong, riposando un poco in catatonia,
ritornando anni dopo proprio calvi eccetto una parrucca di sangue, e lacrime e dita, al visibile destino da pazzo delle corsie delle città-manico-mio dell’Est,
fetidi corridoi di Pilgrim State Rockland e Greystone, litigando con gli echi dell’anima, rockrollando nella mezzanotte solitudine-panca dolmen-rea-mi dell’amore, sogno della vita un incubo, corpi ridotti pietra pesanti come la luna,
con mamma finalmente …, e l’ultimo libro fantastico scaraventato dalla finestra, e l’ultima porta chiusa alle 4 del mattino e l’ultimo telefono sbattuto in risposta contro il muro e l’ultima stanza ammobiliata svuotata fino all’ultimo pezzo di mobilia mentale, una rosa di carta gialla attorcigliata su una gruccia di fil di ferro nell’armadio, e perfino essa immaginaria, nient’altro che un pezzetto di speranza nell’allucinazione –
ah, Carl, mentre tu non sei al sicuro io non sono al sicuro, e ora sei davvero nel totale brodo animale” del tempo –
e che dunque correvano per le strade gelate ossessionati da un lampo improvviso dell’alchimia dell’uso dell’ellisse il catalogo il metro & i piani vibranti,
che sognavano e facevano abissi incarnati nel Tempo & lo Spazio mediante immagini contrapposte, e
intrappolavano l’arcangelo dell’anima tra 2 immagini visive e univano i verbi demenziali e sistemavano insieme il sostantivo e il trattino della coscienza sobbalzando alla sensazione del Pater Omnipotens Aeterni Deus
per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa umana e fermarvisi di fronte muti e intelligenti e tremanti di vergogna, ripudiati ma con anima confessa per conformarsi al ritmo del pensiero nella sua testa nuda e infinita,
il pazzo vagabondo e angelo battuto nel Tempo, sconosciuto, ma dicendo qui ciò che si potrebbe lasciar da dire nel tempo dopo la morte,
e si alzavano reincarnati nei vestiti spettrali del jazz all’ombra tromba d’oro della banda e suonavano la sofferenza per amore della nuda mente d’America in un urlo di sassofono elai elai lamma lamma sabacthani che faceva tremare le città fino all’ultima radio
col cuore assoluto della poesia della vita macellato dai loro corpi buono da mangiare per mille anni.
L’UOMO CHE NON SOPPORTAVA LA GUERRA
I primi albori di vita sulla terra
La prima luce del primo mattino
La prima stella della sera
Il primo uomo sulla luna visto da lontano
Il primo viaggio di Ulisse a occidente
La prima barriera dell’ultima frontiera
Il primo tic dell’orologio atomico della paura
Il primo tanto caro Casa-Dolce-Casa
Il dolce profumo di caprifoglio a mezzanotte
Il primo nero libero, libero dalla paura
Il sapore dolce della libertà
Il primo sublime orgasmo
Il primo Buon Selvaggio
Il primo invasore bianco
Il soave odore del successo
Il primo hotdog con senape su un campo di baseball
Il primo home run allo Yankee Stadium
L’unico gioco in città, di cui fidarsi
Il primo canto d’amore e quaranta urla di disperazione
La prima donna bella e pura
La prima erezione e la prima Resurrezione
Il primo viaggio all’estero del poeta esordiente
I primi teneri germogli di maggio
Il lieto fine dell’ipocrisia
Il primo convoglio al Donner Pass
L’ultimo grido di Mark Twain! sul Mississippi
I primi germogli verdi dell’erba nuova
Il Primo e Ultimo Chance Saloon
Il primo grido di gioia nella luce del mattino
L’urlo lontano dei treni perduti nel libro della notte
Il primo pensiero del mattino dopo la notte brava
L’ultima luna che affonda
L’ultimo dei Moicani e l’ultimo bufalo
L’ultimo «scendi giù dolce carro»
Il primo hippy diretto alle colline
L’ultimo bohémien col basco
L’ultimo capellone di North Beach che ha qualcosa da dire
Il primo vero amore sul tuo cammino
L’ultimo Wobbly e l’ultimo Anarchico Cattolico
L’ultimo Sinistroide paranoico
L’ultimo voto nelle ultime elezioni
L’ultima mano beccata nell’ultimo barattolo dei biscotti
L’ultimo cowboy dell’ultima frontiera
Gli ultimi cinque centesimi con la testa di bufalo
L’ultimo reduce della Abraham Lincoln Brigade
L’ultima drogheria di quartiere
L’ultima lucciola che brilla nella notte
Il primo aereo a colpire il World Trade Center
L’ulltimo aereo a colpire il World Trade Center
La nascita della grande paranoia nazionale
Lo scoppio della Terza Guerra Mondiale
(la Guerra Contro il Terzo Mondo)
Il primo viaggio all’estero di un presidente ignorante
L’ultimo fiume che scorre libero
L’ultima benzina e l’ultimo petrolio sulla terra
L’ultimo sciopero generale
L’ultimo nazista
L’ultimo arabo
L’ultima vergine
L’ultimo fidelista
L’ultimo sandinista
L’ultimo zapatista
L’ultimo prigioniero politico
L’ultima aquila di mare
L’ultima scolatura di champagne
L’ultimo treno della stazione
L’ultima e unica grande nazione
L’ultima Grande Depressione
Le ultime volontà & testamento
L’ultimo assegno di disoccupazione
La fine del vecchio New Deal
Il nuovo Comitato per le attività non americane
L’ultimo politico incline all’onestà
L’ultimo giornale indipendente
che pubblica notizie e scatena un putiferio
L’ultima parola e l’ultima risata e l’ultimo Urrà
L’ultimo spettacolo e l’ultimo valzer
L’ultimo biscazziere di un casinò fluviale
L’ultimo Milite Ignoto
L’ultimo americano innocente
L’ultimo americano Ignorante
L’ultimo Grande Amante
Le ultime patatine col ketchup a portar via
L’ultimo New Yorker
L’ultimo treno di mezzanotte a tornare a casa
L’ultima sillaba del tempo registrato
L’ultima estasi lunga e spensierata
L’ultima libreria indipendente autonoma nel giudizio
L’ultima speranza migliore per l’umanità
L’ultima corda e l’ultimo violino
L’ultima goccia d’alcol
La coppa che tracima per prima
L’ultima volta che ho visto Parigi
L’ultimo trattato di pace e l’Ultima Cena
I primi dolci segnali di primavera
Il primo dolce uccello della gioventù
Il primo dente da latte e l’ultimo dente del giudizio
Le ultime elezioni non comprate
L’ultima libertà d’informazione
L’ultimo Internet gratis
L’ultima radio con libertà di parola
L’ultima rete televisiva non venduta
L’ultimo politico genuino
L’ultimo jeffersoniano
L’ultimo luddista di Berkeley
L’ultimo Succo della Questione
La fine della Previdenza Sociale
L’ultima auto a benzina
La prima bella serata quieta e libera
La spiaggia al tramonto con nudi adagiati
gli amanti avvinghiati
L’ultima riunione del Consiglio
L’ultimo Libro Bianco
L’ultimo terrorista nato dall’odio e della povertà
Il principio del Tempo dell’Utile Consapevolezza
La bandiera incompiuta degli Stati Uniti
Il prolungato ruggito dell’oceano che decresce
La nascita di una nazione di pecore
Il sonno profondo profondo del booboisi
L’ultimo elettore che si è preso la briga di votare
Il primo Presidente scelto da una Corte Suprema
L’inizio del dominio dei super-ricchi
L’onda sommersa del fascismo positivo
L’inizio di guerra e cupidigia senza fine
L’inizio dell’America imperiale
Il primo forte grido di America über alles
che riecheggia nei vicoli della libertà
L’ultimo lamento per la democrazia perduta
Il trionfo totale della
Plutocrazia totalitaria
Falcia falcia falcia
Falcia il popolo
E quelle erbacce troppo selvatiche
Nei nostri campi verdi
Falcia falcia quei germogli selvatici
Se vuoi una bella festa in giardino con bella gente
Falcia falcia quelle erbacce rigogliose
Annienta la tua vanità, uomo, annienta
i germogli troppo selvatici e i troppo selvatici virgulti
Falcia rampicanti e voci selvatiche & ribelli
gli arditi volontari
Falcia il grano alieno
Falcia i folli introversi
Gli ammutoliti amanti della soggettività
Falcia falcia i selvaggi gli spiriti selvaggi
i topi del deserto e i sabotatori
i solitari selvaggi e alienati
che giocherellano con i loro baffi
e tramano rivoluzioni in miseri scantinati
Falcia falcia tutti gli strambi e i liberi pensatori
I poeti dallo sguardo esaltato
Agitatori improvvisati e filosofi da strapazzo agli angoli delle strade
Eccentrici smisurati
Visionari strafatti
Esuli in patria!
America del melting pot!
L’UOMO DALLE MILLE STRADE POSSIBILI
La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che io e mia moglie ci separammo.
Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto.
Con l’arrivo di Dean Moriartry ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo sempre sognato di andare nel West per vedere il continente, sempre facendo piani vaghi e senza mai partire.
Dean è il tipo perfetto per un viaggio perché nacque letteralmente sulla strada, quando i suoi genitori passarono da Salt Lake City, nel 1926, in un vecchio macinino, diretti a Los Angeles.
Le prime notizie su di lui mi furono date da Chad King, che mi aveva fatto vedere alcune sue lettere scritte in un riformatorio del New Mexico.
Mi interessai enormemente a quelle lettere perché chiedevano a Chad in modo così ingenuo e dolce di insegnargli ogni cosa su Nietzsche e tutti i meravigliosi argomenti intellettuali che Chad conosceva.
A un certo punto Carlo e io parlammo delle lettere e ci chiedemmo se avremmo mai conosciuto quello strano Dean Moriarty.
Tutto ciò accadeva molto tempo fa, quando Dean non era ancora quello che è oggi, ma solo un giovane carcerato avvolto di mistero.
Poi arrivò la notizia che Dean era uscito dal riformatorio e stava venendo a New York per la prima volta; si diceva che avesse appena sposato una ragazza di nome Marylou. Un giorno stavo bighellonando per la Città Universitaria e Chad e Tim Grey mi dissero che Dean abitava in un appartamento senza acqua calda corrente nell’East Harlem, la Harlem spagnola.
La chiesa sta facendo squillare con le campane una malinconica Kathleen spazzata dal vento nei quartieri miserabili del vizio, mentre io mi sveglio tutto mesto e inebetito, gemebondo dopo l’ennesima sbornia e gemebondo soprattutto perché ho rovinato il mio “ritorno segreto” a San Francisco ubriacandomi stupidamente mentre mi nascondevo nei vicoli con i vagabondi per poi marciare fino a North Beach e farmi vedere da tutti benché Lorenz Monsanto ed io ci fossimo scambiati lettere interminabili e avessimo stabilito che sarei arrivato di nascosto, che lo avrei chiamato al telefono servendomi di un nome in codice come Adam Yulch o Lalagy Pulvertaft (scrittori anche loro) e poi lui segretamente mi avrebbe portato in macchina alla sua capanna nei boschi di Big Sur dove sarei rimasto solo e indisturbato per sei settimane, limitandomi a spaccar legna, attingere acqua, scrivere, dormire, vagabondare, eccetera eccetera…
Ma invece non ti salto dentro alticcio nella sua libreria City Lights mentre più ferve il lavoro del sabato sera?
E tutti mi hanno riconosciuto (sebbene portassi il mio quasi-mascheramento: cappello e giacca da pescatore, calzoni impermeabili) e tutto è finito con una gran sbronza in ogni famoso bar il “Re dei Beatniks” accidenti a lui è di nuovo in città e offre da bere a tutti.
Tutti che fanno l’autostop. Tutti che viaggiano sulla ferrovia.
Tutti che tornano indietro in America Attraverso i confini messicani e canadesi…
Cominciamo con la visione di me il colletto tirato su e legato con un fazzoletto per tenerlo stretto e a posto, mentre sto camminando faticosamente tra i desolati, scuri magazzini del sempre amabile porto di San Pedro, le raffinerie di petrolio che odorano nella umida e nebbiosa notte di Natale del 1951 proprio come gomma bruciata e i misteri ravvicinati della Sea Hag Pacific dove, mentre cammino, si può vedere prorio alla mia sinistra la superficie oleosa delle acque della vecchia baia che avanzano fino ad abbracciare i pilastri schiumosi che si ergono sopra le piatte, immobili acque dove ci sono le luci che ululano nella marea che sale oltre alle luci di navi e poppe di imbarcazioni che si muovono avvicinandosi e allontanandosi da questa ultima striscia di terra americana.
Oh! Gli orribili viaggi che ho dovuto fare innanzi e indietro per il paese lungo squallide strade ferrate e stazioni che mai avevo immaginato – una di queste un orrendo antro brulicante di pipistrelli e bische clandestine e assurdi parchi e piogge, per quanti orizzonti io scruti non ne vedo la fine, questo è il libro dei sogni.
Gesù la vita è triste, come fa un uomo a vivere per non dire lavorare – dorme e sognando si gira dall’altra parte – ed è qui che il tuo Lupo è dieci volte peggiore di quello che s’immagina paparino – e come, bada, mi sono fermato – come fa un uomo a raccontar balle e a dire merda quando ha l’oro in bocca. Cincinnati, Philarkadelfia, Frohio, stazioni della Sotterranea – città della pioggia, bighellonando ozioso, Belzebur e Città dell’Hascisc sono stato in tutti questi posti e ho letto Finnegan’s Works a che cosa mi servirà se non mi fermo a schiarirmi le idee.
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