A 40 anni dall’incidente di Seveso torna “La fabbrica dei profumi di Daniele Biacchessi
LA FABBRICA DEI PROFUMI
DANIELE BIACCHESSI
JACA BOOK, 2016
Ci sono catastrofi che non fanno rumore, non spargono sangue, non spezzano vetri, né innalzano macerie. Quella di Seveso è una delle tante catastrofi silenziose avvenute in Italia e nel mondo che ho raccontato nel 1995, ne “La fabbrica dei profumi”, il mio primo libro d’inchiesta. La ristampa di Jaca Book esce a 21 anni dalla prima edizione di Baldini & Castoldi , 40 anni dopo l’incidente dell’Icmesa. Il libro che leggerete resta ancora oggi un documento fondamentale di conoscenza e di memoria. Per la prima volta viene svelata, e mai smentita, la verità sulla diossina di Seveso.
Sabato 10 luglio 1976. Sono le 12,37. Una nube preme forte verso l’alto, accompagnata da un sibilo violento che rompe quel silenzio d’estate. Proviene dall’Icmesa, una fabbrica chimica posta tra la ferrovia del Gottardo e la superstrada Milano-Meda, non lontana da Seveso. Un fischio acuto, assordante, giunge dal reparto B dove si produce il triclorofenolo, un composto chimico che serve per la produzione di cosmetici e disinfettanti ospedalieri. La reazione esotermica spinge la temperatura tra i 350 e i 500 gradi e disintegra la valvola di sicurezza del reattore. Gli operai addetti alla manutenzione degli impianti fuggono soffocati dal fumo acre. Uno di loro, Carlo Galante, entra nella zona del reattore cinque minuti dopo lo scoppio, apre la valvola di raffreddamento ad acqua. Un gesto di grande coraggio che impedisce una strage. Una nuvola enorme incombe sopra Seveso e una leggera brezza la trascina in tutto il Nord Italia.
Li ho chiamati i giorni del silenzio. Dal 10 luglio 1976, in molti sanno cosa è accaduto nel reattore B dell’Icmesa. Le autorità competenti, le forze dell’ordine, il Governo, i servizi segreti. In molti. Tranne i cittadini. Solo sette giorni dopo giungono i referti delle analisi e si presenta l’ipotesi di una formazione di 2.3.7.8. tetracloroparabenzodiossina, Tcdd. E otto giorni dopo l’incidente, ai responsabili dell’Icmesa viene contestata l’ipotesi di inquinamento da diossina: ordinata la chiusura dei reparti produttivi, messi i sigilli alle porte di accesso del reparto B. Solo davanti all’evidenza, finalmente il direttore del reparto chimico dell’Icmesa ammette la presenza di diossina. Il sindaco di Seveso ordina alla popolazione di non ingerire prodotti di origine animale provenienti dalla zona infestata. E mercoledì 21 luglio, il pretore di Desio emette il mandato provvisorio di arresto a carico di Herwig von Zwel, responsabile tecnico dell’Icmesa e Paolo Paoletti, direttore di produzione. L’imputazione é disastro colposo. In quelle ore concitate giungono le prime ammissioni di Zwel e Paoletti: con il procedimento chimico per la produzione del triclorofenolo vi era la possibilità che si determinasse Tccd, però il sistema era collaudato. Ma all’Icmesa c’è penuria di strumenti e assenza totale di dispositivi di allarme di sicurezza. Il reattore è sprovvisto di una registrazione continua di temperatura. C’è solo un manometro indicatore della pressione.
Quattordici giorni di silenzio e di omissioni. Per coprire che cosa? La zona del disastro, circondata da filo spinato, è protetta da 6 posti di blocco. Ma la zona è enorme ed è impossibile impedire che qualcuno possa entrare per manipolare prove importanti. Chi sono quei personaggi misteriosi che cercano prove, informazioni nella zona contaminata? Chi sono?
Avete presente cos’è un grammo di diossina? Polvere, polvere invisibile. Nel reparto B dell’Icmesa si produce il triclorofenolo. Si rompe la valvola di sicurezza e la temperatura sale tra i 350 e i 500 gradi. E allora..cosa succede al triclorofenolo quando la temperatura raggiunge questi livelli così elevati? Succede che….si trasforma.
Il 10 luglio 1976, all’ Icmesa si è formata la diossina più tossica tra quelle conosciute nella chimica. Le sue proprietà sono devastanti, i danni sono irreversibili. Una sostanza che danneggia tessuti grassi, fegato, reni, sistema cardiocircolatorio e nervoso centrale. La Tcdd è cancerogena ed ha proprietà mutagene. Interviene sul corredo cromosomico degli individui e sui feti, diminuisce la fertilità e la capacità riproduttiva, produce difetti alla nascita e danni embrionali. Influisce sul patrimonio immunitario degli individui. Un solo grammo di diossina può contaminare migliaia di persone.
Ci sono le prove di questo libro. Sono contenute nell’archivio dell’Ufficio Speciale di Seveso, nascosto dal 1976 al 1992 nella sede della Regione Lombardia. Migliaia di fogli, stipati in centinaia di faldoni, ordinati in modo minuzioso, protocollati da numeri progressivi in codice e catalogati all’interno di un vecchio computer. C’è una corrispondenza tra il direttore dell’Icmesa Paoletti e i dirigenti di Givaudan e La Roche. Il giorno dell’incidente non sono usciti 300 grammi di diossina. Molto di più. Tra i 15 e i 18 chilogrammi. L’azienda è a conoscenza dell’entità del disastro fin da sabato 10 luglio 1976. Nei giorni successivi all’incidente, funzionari dell’esercito americano raggiungono Seveso. Realizzano prelievi in una zona estesa. La contaminazione coinvolge gran parte della Lombardia. Poi emerge un documento inquietante siglato Nato. Il tricolorofenolo dell’Icmesa è uno dei due componenti del cosiddetto Agent Orange, il defoliante utilizzato dall’esercito americano nella guerra del Vietnam. Non una produzione legale, ma un’arma chimica.
Poco prima di morire nel 2004, comunque dopo 9 anni dall’uscita della “Fabbrica dei profumi, Jorg Sambeth, direttore tecnico della Givaudan di Ginevra, scrive il libro “Zwischenfall in Seveso” per la casa editrice Unionsverlag. 320 pagine in forma di romanzo:
“L’ Icmesa veniva chiamata “Dreckfabrik”, “Fabbrica sporca”, ben prima della catastrofe. Questo perché non si erano fatte le opere di sicurezza e di modernizzazione normalmente richieste, i controlli erano evitabili… così il reattore per il triclorofenolo era sprovvisto di un meccanismo di sicurezza che non facesse salire la temperatura oltre i 170°… l’esplosione del reattore è avvenuta sabato, quando la fabbrica era ufficialmente chiusa… la produzione di una variante del triclorofenolo, che serve per l’Agente Orange é un’erbicida vietato perché usato per bombardamenti bellici, richiede una temperatura superiore a 170°.
Secondo Sambeth, nella “Dreckfabrik” durante i fine settimana ci potrebbe essere stata, di nascosto da tutti, una produzione di materiale illegale, ma richiesta da più parti, per armi chimiche.
Quarant’anni dopo Seveso le cose stanno cambiando.Cittadini, sindacati, imprese.La loro coscienza ambientale è maggiore.Ma spesso manca la volontà politica.Non sono cioè chiari i meccanismi che rendono attuabili le leggi.Oggi si può e si deve fare di più.Oggi ci sono leggi europee ed italiane che obbligano aziende e amministrazioni pubbliche ad informare le persone sui rischi ambientali.Sono direttive, regole.Valgono per tutti.Oggi un cittadino può chiedere al proprio comune di residenza le informazioni su uno stabilimento chimico ad alto rischio ambientale insediato sul suo territorio: la produzione, le tipologie degli impianti, le misure adottate per ridurre la possibilità di incidenti.Oggi un lavoratore può conoscere nei dettagli le misure di sicurezza e di prevenzione, i piani di emergenza interni ed esterni, le sostanze pericolose presenti nello stabilimento, materie prime, prodotti, sottoprodotti, residui.Oggi un azienda chimica ad alto rischio ambientale dovrà rispettare le regole.Oggi non potranno più esserci giorni del silenzio.Oggi basta solo…..applicare le leggi.Lo possiamo fare, è un nostro diritto.
Seveso 10 luglio 1976. Quant’anni dopo vi consegno ancora “La fabbrica dei profumi”, un libro che fa riflettere, scritto per mai dimenticare.
Daniele Biacchessi
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